Politiche economiche a confronto

Nel 900 si sono contrapposte 2 principali politiche economiche:

  1. la politica economica sociale, basata sul welfare state, che ha sviluppato i servizi pubblici fra cui istruzione, sanità pubblica, assistenza alle classi più deboli, i servizi previdenziali (pensioni) e assistenziali. Fu attuata dai governi laburisti in GB e dai presidenti democratici negli Usa (Kennedy, Jonhson). Questa politica economica si basa sulla dottrina keynesiana (intervento dello Stato nell’economia), applicati anche da Roosvelt con il new deal per risollevare gli Usa dalla crisi del 29 e prevede un forte intervento dello Stato nell’economia: oltre al welfare lo Stato avvia
    • un forte sviluppo delle opere pubbliche
    • una riduzione delle imposte cioè della pressione fiscale.

Effetti positivi:

  • maggiore liquidità sul mercato
  • crescita dell’occupazione in quanto grazie alle opere pubbliche si creano posti di lavoro
  • aumento dei consumi in quanto le famiglie hanno maggiore disponibilità economica grazie ai nuovi posti di lavoro e quindi cresce la domanda di beni
  • sviluppo industriale in quanto a seguito dell’aumento della domanda di beni e quindi dei consumi si ha un incremento della produzione e quindi sviluppo industriale e maggiore occupazione (meno disoccupazione)
  • si genera un circolo virtuoso perché lo sviluppo industriale per rispondere alla crescente domanda del mercato comporta la creazione di nuovi posti di lavoro
  • Più benessere generale.

Politica economica attuata per:

  1. ragioni politiche dai governi laburisti e democratici (impegno con l’elettorato)
  2. per il rilancio dell’economia per uscire da recessioni, crisi e stagnazioni (come nel 1929)

Ma, dall’altra parte, questa politica economica comporta anche effetti negativi:

  • aumento della spesa pubblica perché lo Stato deve sostenere ingenti spese per il welfare + opere pubbliche + riduzione tasse
  • l’aumento della spesa pubblica comporta un aumento del debito pubblico e quindi l’aumento del deficit dello Stato
  • per coprire l’aumento della spesa pubblica e quindi per sostenere lo sviluppo economico lo Stato immette liquidità cioè stampa cartamoneta
  • l’aumento di liquidità (lo Stato stampa cartamoneta) genera inflazione, cioè perdita del potere di acquisto della moneta (dei salari), cioè aumento dei prezzi (lo stesso prodotto che vale “x” comincia a costare di più cioè servono più soldi per acquistarlo)

Se questo processo è sotto controllo, è salutare e benefico per l’economia, perché la fa crescere. Se invece è fuori controllo o la crescita dell’inflazione è eccessiva, allora genera una eccessiva perdita del potere di acquisto dei salari (cioè si ha un eccessivo aumento dei prezzi in quanto per comprare lo stesso prodotto che vale sempre “x” devo pagare sempre di più perché la moneta vale di meno) e dunque povertà.

Ne consegue che se il processo è fuori controllo alla fine si riducono i consumi > e di conseguenza deve calare la produzione > con un aumento della disoccupazione. Infatti con l’inflazione si ha > una perdita di potere di acquisto dei salari > e quindi calo dei consumi > con conseguente riduzione della produzione > e maggiore disoccupazione.

Oltre all’aumento di liquidità sul mercato (che genera inflazione), ecco le altre cause dell’inflazione:

  1. Anche l’aumento dei salari genera inflazione, in quanto tale aumento comporta un incremento del costo industriale del prodotto che viene quindi venduto sul mercato ad un costo maggiore: si determina quindi un aumento dei prezzi e quindi una perdita di potere d’acquisto dei salari, cioè inflazione. Il paradosso: l’aumento dei salari viene richiesto per combattere l’inflazione, ma a sua volta l’aumento dei salari genera inflazione.
  2. Inoltre si ha inflazione quando vi è una crisi di produzione che riduce la disponibilità di beni sul mercato, pertanto si ha un aumento della domanda rispetto all’offerta con conseguente aumento dei prezzi e quindi diminuzione del potere di acquisto dei salari
  3. Anche l’aumento del costo delle materie prime genera inflazione perché produrle costa di più e quindi aumenta il prezzo finale e quindi si ha perdita del potere di acquisto dei salari, cioè appunto inflazione
    • Se le materie prime vengono importate (vedi ad esempio il petrolio e la crisi energetica del 1973) e il costo di esse aumenta, aumentano i costi di produzione e quindi i prezzi di tutti i beni e quindi si ha inflazione.
  4. Anche a seguito di una svalutazione della moneta nazionale si ha inflazione se la nazione deve importare materie prime dall’estero (per la stessa ragione sopra esposta: calando il valore della moneta nazionale, comprare “quella” materia prima che la pagavo 10 ora la pago 12 perché la mia moneta vale di meno a livello internazionale e quindi per comprare lo stesso bene serve più moneta. Di conseguenza devo aumentare il prezzo del prodotto finale e si determina quindi un aumento dei prezzi)
    • Diversamente, se la nazione che svaluta la propria moneta non dipende dall’estero per le materie prime (come gli Usa che hanno svalutato il dollaro negli anni 70) quindi non ha un aumento di costi delle materie prime per la produzione dei beni, la svalutazione della moneta nazionale ha l’esclusivo e benefico effetto di favorire le esportazioni e far crescere la bilancia commerciale: favorire le esportazioni significa che i prodotti di quella nazione vengono venduti di più all’estero in quanto sono diventati più convenienti grazie alla svalutazione (la moneta estera è più forte di quella nazionale e quindi chi sta all’estero paga meno oggi rispetto a prima il prodotto della nazione che ha eseguito la svalutazione). Incrementando le esportazioni ottengono i seguenti benefici:
  • l’industria nazionale lavora di più perché all’estero si vendono di più i suoi prodotti, quindi si ha un aumento di produzione
  • aumento di produzione significa maggiore occupazione (minore disoccupazione) e maggiori salari, quindi aumento dei consumi e crescita dell’economia nazionale. E quindi minore inflazione in quanto i consumatori hanno maggiori disponibilità e salari con maggiore potere di acquisto (nell’inflazione si ha perdita del potere di acquisto dei salari, in questo caso invece abbiamo deflazione in quanto si ha aumento del potere di acquisto dei salari: come se i prezzi calassero perché ho salari più forti)
  • Ingresso di capitali dall’estero sul mercato nazionale e sviluppo economico = maggiori entrate fiscali per lo Stato che riduce il debito pubblico e il deficit)

5. Agire sul costo del denaro (vedi glossario più avanti)

  1. Il secondo modello del 900 è la politica economica liberista, attuata dai governi conservatori in GB e repubblicani negli USA (presidenti repubblicani) e si basa sul liberismo (cioè non interferenza dello Stato nell’economia) e quindi:
  • riduzione delle opere pubbliche > spesa pubblica > debito pubblico > riduzione deficit pubblico
  • aumento delle tasse
  • tagli al welfare
  • controllo e blocco dei salari e riduzione costo del lavoro
  • privatizzazioni delle imprese statali per incassare risorse e ridurre il deficit
  • deregulation per dare impulso alla concorrenza e alla competitività
  • agevolazioni fiscali alle imprese per indurle ad investire nella produzione
  • svalutazione della moneta per rendere competitive le merci nazionali e far crescere l’economia interna

Effetti positivi:

  • obiettivo delle misure economiche di questa politica economica è la riduzione dell’inflazione e la riduzione del deficit di bilancio, per rilanciare l’economia dopo un periodo di politica economica sociale
  • rimette in ordine i conti dello Stato

Effetti negativi:

  • questo modello genera disoccupazione e conflittualità sociale > riduzione dei consumi e del benessere

Le due politiche economiche devono alternarsi l’una all’altra.

Le misure economiche sopra indicate per spiegare ciascuno dei 2 modelli di politica economica consentono Paese per Paese (ognuno ha le proprie tipicità che dipendono dalle risorse disponibili, dai modelli e abitudini sociali ecc) di trovare i giusti equilibri fra un modello di politica economica e l’altro. Come in Germania negli anni 80, dove si registravano bassi livelli di inflazione ma anche poca disoccupazione.

La dottrina keynesiana prevede che lo Stato non faccia concorrenza a i privati, altrimenti gli effetti sono controproducenti. Quindi lo Stato non deve realmente svolgere opere di pubblica utilità ma deve lasciare che siano i privati a realizzarle (per generare benefici reali con nuova occupazione e sviluppo economico). Lo Stato deve realizzare opere sostanzialmente inutili (fare buchi nelle strade e ricoprirli oppure corsa agli armamenti) cioè attività in cui i privati non si impegnerebbero perché non profittevoli

Glossario:

Situazione economica di un Paese

  • Stagnazione: non aumentano i consumi e quindi la produzione, il sistema economico è fermo, stagnante
  • Recessione: riduzione dei consumi, della produzione e dell’occupazione
  • Sviluppo e crescita economica: il contrario di recessione

Misure economiche

Svalutazione: riduzione del valore di una moneta rispetto a un’altra

Deregulation: riduzione da parte dello Stato del controllo normativo sulle imprese affinché possano operare esclusivamente in base al principio di concorrenza e quindi vince chi è efficiente e innovativo > prodotti migliori con il miglior rapporto qualità prezzo

Nazionalizzazione delle imprese > spesso produce inefficienza

Costo del denaro (agire sui tassi di interesse): se li riduco (taglio dei tassi) aumento la liquidità sul mercato, se aumento i tassi riduco la liquidità sul mercato perché aumenta il costo del denaro (averlo costa di più, si pagano più interessi)

Termini

  • Prezzo: ricavo
  • Costo
  • Guadagno o perdita (deficit)