Yoga, quel sigillo di 5 mila anni fa

La prima testimonianza dell’esistenza dello yoga è stata trovata nella valle del fiume Indo, a Mohenjo Daro, in un insediamento (oggi in Pakistan), che risale al terzo millennio a.C. Tra i vari reperti è stato trovato un sigillo raffigurante una figura umana seduta in una posizione yoga e circondata da animali, testimonianza che la tecniche di autocontrollo fisico e mentale era già praticata e conosciuta in epoca molto remota. Oggi Yoga è il giogo applicato al collo dei bovini e dei cavalli per farli lavorare in coppia, ma non è una sorpresa, dato che il termine dovrebbe derivare dalla radice yuj, che significa “unire” e da cui deriverebbe anche il latino iungere e iugum, il germanico joch, e le altre corrispondenze simili in molte lingue moderne e da cui deriva anche l’accezione più generale di “congiungimento”, “unione”.

Lo Yoga compare nei Veda anche per indicare “acquisizione di cose ignorate” e i praticanti vengono chiamati muni, rishi, kavi, kashin, e non yogin come sono definiti ancora oggi. Con il sostantivo maschile sanscrito Yoga, nella terminologia delle religioni originarie dell’India, si indicano le pratiche ascetiche e meditative, principalmente intese come mezzo di realizzazione e salvezza spirituale, quindi variamente interpretato e disciplinato a seconda della scuola. In ambito buddhista e giainista è utilizzato come termine collegato alle darśana, yoga-darśana (dottrina dello yoga) che rappresenta una delle sei darśana, ovvero uno dei “sistemi ortodossi della filosofia religiosa” hindu. In epoca recente lo Yoga si è diffuso anche nel mondo occidentale come insieme di tecniche, anche meditative, aventi come scopo l'”unione” con la Realtà ultima e tesa ad “aggiogare”, “controllare”, “governare” i “sensi” (indriya) e i vissuti da parte della coscienza.